TRIBUNALE DI MONZA SEZIONE
DISTACCATA DI DESIO REPUBBLICA ITALIANAIN
NOME DEL POPOLO ITALIANO Il
Giudice Dott.ssa Letizia Anna Brambilla Alla
pubblica udienza del 2/7/01 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura
del dispositivo la seguente SENTENZA nei
confronti di V.F., nato a G., il xxxxxx, et domiciliato in S., via xxxxxx,
1 LIBERO
PRESENTE IMPUTATO Con
l’intervento del Pubblico Ministero M.llo P. (deleg.) e
del difensore avv. G. Le
parti hanno concluso come segue: PM:
minimo di legge – att. gen. La
PC: responsabilità
dell’imputato, deposito nota spese Difesa:
assoluzione capo A e B perché il fatto non sussiste, per il 486 assoluzione
perché il fatto non sussiste, minimo pena ed attenuanti imputato in
ordine ai reati p. e p. dagli artt.: A.
81, 640, 61 n.2 e 7 c.p., perché con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, in tempi diversi con artifizi e raggiri
consistiti nella falsa prospettazione della concessione di un prestito di
lire 10 Milioni alle p.o., a fronte del quale si faceva si faceva
rilasciare circa 30 cambiali firmate in bianco, inducendo le stesse così
in errore, si procurava un ingiusto profitto consistito del riempimento e
dell'utilizzo degli effetti secondo importi di convenienza del V. in
relazione alle proprie attività commerciali; con correlativo danno per i
sigg. P.L. e G.S.. Con le aggravanti di aver commesso il reato sub B al
fine di conseguire, assicurarsi il prodotto ed il profitto, ovvero la
impunità del delitto di truffa e dall'aver cagionato alle p.o. un danno
patrimoniale di rilevante gravità. B.
81, 61 n.2 e 486 c.p. perché, al fine di procurarsi un vantaggio,
recando alle p.o. un danno. abusando delle cambiali sub. A e facendone
uso, firmate in bianco, delle quali aveva il possesso per garantire il
prestito di 10 milioni con le facoltà di riempirle per tale importo, vi
scriveva importi e scadenze superiori e diversi da quelle pattuite e per
le quali era autorizzato. In Seregno da1l'ottobre 93 al
12/01/95 MOTIVAZIONEIl 17 ottobre 1994 P.L. si
presentava ai Carabinieri della Stazione di B. esponendo che nel mese di
ottobre 1993 lei ed il marito, G.S., vennero a trovarsi in una critica
situazione finanziaria a causa della necessità di rendere abitabile un
alloggio sito in P., di loro proprietà, ove intendevano trasferirsi. A causa della pregressa
conoscenza, anche in qualità di cliente, di V.P., il G. esponeva allo
stesso le difficoltà economiche in cui versava ed il V. gli esternava la
possibilità di un prestito. I due raggiungevano l'accordo
di un prestito di lire 10.000.000 da restituirsi con effetti cambiari
mensili, da lire 500.000 ciascuno. Successivamente all' accordo e
prima ancora dell'erogazione del prestito il V. utilizzò i servizi del G.,
in qualità di autotrasportatore, in quattro viaggi effettuati dal G. in
Veneto e Friuli, per la consegna di mobili, essendo il V. coniuge di L.S.,
intestataria di esercizi commerciali per la vendita di mobili, in
Garbagnate Milanese, in Cesate e in Milano. Intanto, in due diverse
occasioni, il G. sottoscriveva al V. una serie di effetti cambiari, di
numero imprecisato o comunque sconosciuto alla P., presso l'abitazione del
V., sita in Seregno. Dell'iniziale somma promessa in
prestito di lire 10.000.000, il V. versava al G., in più soluzioni, la
somma di lire 4.000.000 complessive mentre dal dicembre 1993 cominciarono
ad andare regolarmente all'incasso gli effetti cambiari mensili di lire
500.000, come convenuto. A far tempo dal febbraio 1994,
però, gli effetti mensili venivano posti all'incasso in numero di due o
tre ed alcuni anche per lire 1.000.000, anziché le 500.000 concordate. Non riuscendo più a far fronte
al pagamento, nel maggio '94 le cambiali erano protestate. Contestato il mancato rispetto
degli accordi al V., questi minacciava il pignoramento delle proprietà
mobili ed immobili, dei G.. Precisava, infine, la P. che, a
seguito di questi eventi il marito aveva posto in essere un tentativo di
suicidio. V.P. veniva ritualmente tratto a giudizio, avanti
il Tribunale in composizione collegiale, per il reato di usura. Il Tribunale di Monza, con
ordinanza in data 20 febbraio 1998, ordinava la restituzione degli atti al
P.M. non ravvisando il reato di cui all'art.644 c.p. e ritenendo invece
che i fatti accertati nel corso del dibattimento configurassero le diverse
ipotesi di cui agli artt. 640 e 486 c. p. . V.P. veniva nuovamente tratto a
giudizio per i reati di cui al capo di imputazione. Le dichiarazioni rese dalle
parti offese P. e G., costituitesi parti civili, e la documentazione
tutta, legittimamente acquisita agli atti, consentono di ritenere provata
la penale responsabilità dell'imputato in ordine ad entrambi i reati a
lui ascritti, uniti dal vincolo della continuazione ed escluse le
aggravanti contestate al capo A). Da quanto emerso nel corso del
dibattimento, effettivamente tra il V. ed il G. vi fu un accordo secondo
il quale il V. avrebbe dovuto dare in prestito al G. la somma di lire
10.000.000, da consegnarsi in più riprese, che sarebbe poi stata
restituita dal G. con versamenti mensili di lire 500.000, da pagarsi con
effetti cambiari che il G. sottoscrisse nell'occasione dell'accordo. Al momento della compilazione
degli effetti il V. consigliò al G. di limitarsi alla sottoscrizione
poiché avrebbe lui stesso provveduto, di volta in volta, alla
compilazione delle altre parti dei documenti ("Ho compilato la prima
e la seconda poi mi ha detto lui stesso di lasciarle pure in bianco, che
le avrebbe finite di compilare lui. lo ho fatto solo la firma."
"...di mettere solo la firma sì”, perché dice "se no finiamo
domani... metti solo la firma poi ci penso io a compilarle" Cfr.
dichiarazioni G. ). La posizione dei due individui
era certamente diversa e disuguale: da un lato il V. che prometteva denaro
in prestito, dall'altra il G. che si trovava in precarie condizioni
economiche, nella necessità di avere a disposizione denaro contante che
gli veniva offerto, a condizioni per lui ragionevoli, dal V., appunto. Tale diversa posizione
giustifica l'accettazione, ad opera del G., di condizioni, quanto meno,
poco chiare. A fronte della cessione del prestito
di lire 10.000.000 ad opera del V., prestito peraltro camuffato come
debito per la vendita di mobili in realtà mai avvenuta, il V. ottiene il
rilascio di un numero imprecisato di effetti cambiari in bianco ed eroga,
in riprese diverse, solamente 4.500.000 ("Mi ha detto che me li
avrebbe dati non in un colpo solo, ma in tempi successivi, un periodo
abbastanza breve, ma in tempi successivi, in periodi successivi."
Cfr. dichiarazioni G.). Quanto alla finta vendita di
mobili, deve osservarsi che la perizia grafica, disposta nel corso del
primo dibattimento dal Tribunale di Monza in composizione collegiale, ha
definitivamente escluso che "la firma a nome G. Lucia apposta in
calce alla proposta di commissione" provenisse "dalla mano di P.
G. L. e pertanto" ha concluso che, come tale, andasse
"considerata non autentica" (cfr. perizia grafo-tecnica
d'ufficio), con ciò corroborando le dichiarazioni, in tal senso, delle
parti offese. Successivamente il V., mentre
rispetta l'accordo raggiunto circa le cadenze mensili dei rimborsi, non fa
altrettanto per quanto riguarda le singole rate. Il G., nell'arco di sette mesi,
dal dicembre '93 al giugno '94, si ritrova all'incasso sette effetti per
una somma complessiva di 10.000.000 mentre altri 7.000.000 di effetti
vengono posti all'incasso dall'aprile all'ottobre '94, effetti non onorati
dal G., ormai nell' impossibilità di farlo. Oltre a ciò, vengono trovati e
sequestrati, nel corso delle indagini, in sede di perquisizione presso
l'abitazione del V., altri quindici effetti cambiari in bianco,
sottoscritti dal G., per un totale complessivo di circa trenta effetti
cambiari. Elementi costitutivi del reato previsto e punito
dall'art.640 c.p. sono, oltre agli artifici o raggiri che devono avere per
effetto l'induzione in errore della vittima, il danno ed il correlativo
profitto ingiusto. Nessun dubbio che il primo
degli elementi costitutivi del reato de quo, gli artifici o raggiri, siano
integrati dalla condotta posta in essere dall'imputato. Nel caso di specie, infatti, si
è certamente in presenza di una serie di azioni, poste in essere in tempi
diverse ma tutte finalizzate ad ingenerare nei coniugi G. l’erronea
convinzione dell'ottenimento di un prestito di denaro, da restituire in
tempi e modi del tutto ragionevoli ed adeguati alle loro possibilità di
restituzione, azioni destinate a creare nei G. quel falso convincimento,
che è tipicamente il raggiro, di aver raggiunto un accordo preciso con
l'imputato. A ciò si aggiunga che in
passato le parti offese avevano concordato di saldare, e saldato, proprio
in questo modo (con effetti cambiari da lire 500.000 mensili), un acquisto
di mobili presso uno degli esercizi commerciali del V.. La truffa si realizza, inoltre,
con quell'arricchimento patrimoniale ingiusto correlativo all'altrui danno
che ben possono osservarsi nel caso in decisione. Raggiunto in questo modo
l'accordo, l'imputato si fa rilasciare una serie di effetti cambiari, in
tempi diversi ma tutti con la sola sottoscrizione del G., ed è a questo
punto che approfitta ingiustamente del possesso di tali effetti, ponendoli
all'incasso diversamente da come pattuito e, dunque, secondo i suoi
interessi e le sue esigenze, con proprio profitto a danno dei G.. I fatti, come descritti,
appaiono certamente idonei ad integrare gli elementi costitutivi del fatto
di cui al capo A). Le risultanze dibattimentali
hanno permesso di accertare che il disavanzo tra la somma effettivamente
versata dal V., pari a lire 4.500.000, e quella restituita dai G., lire
10.000.000, non può oggettivamente ritenersi un danno patrimoniale di
rilevante gravità. Quanto al capo H)
dell'imputazione nessun dubbio sulla responsabilità dell'imputato che,
agendo come sopra descritto, ha tradito la fiducia del G. che, in più
riprese, gli aveva rilasciato effetti cambiari firmati, in bianco, con
l'obbligo di riempirli per la somma fissa di lire 500.000, anziché per le
diverse somme con cui sono stati effettivamente riempiti, e di porli
all'incasso in numero di uno al mese, anziché di due o tre, come
effettivamente avvenuto. Entrambi i reati descritti
devono ritenersi uniti dal vincolo della connessione teleologica di cui
all'art. 61 n. 2 c.p. essendo il reato sub H), reato mezzo, funzionalmente
preordinato al conseguimento del profitto del reato sub A), reato fine. Quanto al trattamento
sanzionatorio, concesse le attenuanti generiche in considerazione
dell'incensuratezza e ritenuto il vincolo della continuazione tra i due
fatti per l'evidente unicità di disegno criminoso, esclusa l'aggravante
di cui all' art. 61 n.7 c.p., avuto riguardo ai criteri di cui all'art.
133 c.p., appare equo condannare l'imputato alla pena di mesi otto di
reclusione e lire 500.000 di multa ( pena base per il reato di cui al capo
A), ritenuto il più grave, mesi nove di reclusione e lire 600.000 di
multa, diminuita a mesi sei di reclusione e lire 400.000 di multa ex
art.62 bis c.p., aumentata ex art.81 c.p. a mesi sette di reclusione e
lire 500.000 di multa e nuovamente aumentata come sopra ex art.81 c.p.,
per il capo H). Sussistono i requisiti per
poter concedere all'imputato i benefici della sospensione condizionale
della pena e della non menzione della condanna. Dovranno disporsi la confisca e
la distruzione degli effetti cambiari in giudiziale sequestro. L'imputato va, inoltre,
condannato al risarcimento dei danni cagionati alle parti offese
costituitesi parti civili. Rilevato che le prove acquisite
non ne consentono tuttavia la liquidazione, come richiesto dalla parte
civile, le parti vengono a tal fine rimesse davanti al giudice civile. Considerato che gli elementi di
prova forniti consentono comunque la liquidazione parziale del danno,
viene assegnata alla parte civile una provvisionale, così come liquidata
in dispositivo. Alla condanna generica
dell'imputato al risarcimento dei danni segue quella del pagamento delle
spese processuali in favore delle parti civili che, tenuto conto delle
tariffe attualmente in vigore, vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. IL GIUDICEVisti gli artt. 533
e 535 c.p.p., 62 bis c.p. dichiara V.P. responsabile dei reati a lui ascritti
e, concesse le attenuanti generiche e ritenuto il vincolo della
continuazione ed escluse le aggravanti contestate nel capo A), lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione
e lire 500.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visti gli artt. 163 e 175 c.p. concede all'imputato i benefici della
sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna. Visto l'art. 240 c.p. ordina la confisca e la distruzione di
quanto in giudiziale sequestro. Visti gli artt. 538 e segg. c.p.p. condanna 1'imputato al risarcimento dei danni
cagionati alle parti civili da liquidarsi in separato giudizio, liquidando
sin da ora una provvisionale di lire 6.000.000 a G.S. e di lire 4.000.000
a P.L., oltre al pagamento delle spese di giudizio sostenute dalla parte
civile che liquida complessivamente in lire 5.500.000. Desio, così deciso il 2.7.200
l. Il Giudice |