TRIBUNALE
ORDINARIO DI COMO DISPOSITIVO
DI SENTENZA E MOTIVAZIONE SENTENZA
Nei
confronti di M.C. nata ad E. il xx.xx.xx e residente in A., via xxx, 4 PRESENTEIMPUTATAReato
di cui agli artt. 81 cp, 594, 612 cp perché, con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso, rivolgendosi a T.J. con le
espressioni : “sei una puttana, te la faccio pagare, sei una pazza”,
ne offendeva l’onore e il decoro e la minacciava di un ingiusto danno. Commesso
in A. in data antecedente e prossima al 25/9/99 querela in data
20/12/1999. Con
l’intervento del PM delegato dal difensore di fiducia, avv.to F.
Falcetta CONCLUSIONI
DELLE PARTI: PM
per il reato 612 cp assoluzione per 530/2; -
per il reato 594 cp = condanna alla pena di L. 400.000 di multa; -
Difensore Pc come da conclusioni scritte che si allega al fascicolo
del dibattimento DIFENSORE
IMPUTATO assoluzione per non aver commesso il fatto per reato ex 594 cp;
in sub. Non punibilità per aver reagito al fatto ingiusto per reciprocità
ex art. 599 cp -
assoluzione per non aver commesso il fatto per il reato ex art. 612
cp in
sub. Minimo edittale e non menzione. Motivi della decisioneCon
decreto di data 26 ottobre 2000 C.M. veniva tratta in giudizio
avanti al Tribunale di Como, Sezione Distaccata di Erba, per rispondere
dei reati di cui agli artt.594 e 612 del codice penale. Il
procedimento ha visto anche un’altra imputata. T.J. per i reati
di cui agli artt. 582, 594 e 595 cod. pen. essendo i fatti reciproci e per
i quali T. ha ottenuto sentenza ai sensi dell'art 444 e ss. cod.
proc. pen. per aver concordato con il Pubblico Ministero l’applicazione
della pena; a seguito di ciò la sua posizione è stata stralciata
dall'odierno processo, nel quale la stessa si è poi costituita parte
civile. L’istruttoria
è stata esperita sentendo J.T., la teste F.M. e
l’esame dell’imputata. All’esito le parti hanno concluso
come risulta in epigrafe. Chi giudica ritiene di dover giungere ad una pronunzia assolutoria per entrambi i reati contestati e ciò per i seguenti motivi. 1.
Il reato di minaccia. L’odierna
imputata ha proferito una frase (“te la faccia pagare”: verb
ud. 8.2.01 pag. 6, righe 5-6) ritenuta minacciosa dalla Accusa unitamente ad alcune altre, ingiuriose; tale frase, però, non ha
ingenerato alcun timore nella sfera psichica della destinataria T.J., per sua stessa affermazione (verb ud. 8.2.01 pag. 6, righe 5-6). Le
caratteristiche del proferito consistono nella genericità della
affermazione (dalla quale non si evince quale male ingiusto vi sia
adombrato); nel contesto di offese reciproche in cui è stata pronunciata
la frase; nonché nelle condizioni delle parti che, per quanto è dato di
intendere, appartengono ad un livello sociale e culturale sufficientemente
garantito da facili ed errate suggestioni, tanto da poter riconoscere una
minaccia solo dove la stessa effettivamente vi sia e non invece dove la
stessa sia piuttosto, come nel caso di specie, una esternazione nascente
dalla foga offensiva. Partendo
dunque dai dati, provati e acquisiti, della indeterminatezza della
minaccia e dal mancato timore nella persona offesa, ci si deve domandare
se il reato possa ritenersi realizzato quando l'elemento oggettivo manchi
di determinatezza e quando nessun timore si ingeneri nel destinatario
della offesa promessa. Altra,
e più autorevole, giurisprudenza ha ritenuto penalmente irrilevante la
condotta di chi abbia formulato una minaccia indeterminata: “Non è
sufficiente ad integrare la fattispecie la minaccia di un danno generico o
indeterminato” (Cass. pen. sez. II 16.1.1956, in Giust. Pen. 56, II,
484). . Così
come, sempre la Suprema Corte, ha ritenuto che “la minaccia valutata con
un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto,
oggettive e soggettive, deve essere idonea a cagionare effetti
intimidatori sul soggetto passivo, anche se il turbamento psichico non si
verifichi in concreto”. (Cass. pen. sez. IV 851170482); “la valutazione
dell’idoneità della minaccia a realizzare tale finalità (quella al
incutere timore) va fatta avendo di mira un criterio di medialità che
rispecchi le reazioni dell'uomo comune” (Cass. pen. sez. V 92/19/1433). Ora
è possibile affermare che, nel caso di specie, per quanto sopra riferito
in fatto, non possa ritenersi realizzato l'elemento oggettivo che
configura il reato di minaccia. La
circostanza per cui non è necessario alla configurazione del reato
l'effettivo turbamento della vittima non può espandersi sino a
ricomprendere anche le ipotesi in cui l'elemento oggettivo sia, come nella
fattispecie, inconsistente. Per
completezza di analisi, quanto la T. afferma, e cioè che la C. “veniva sempre a casa nostra e gridava e i bambini questi grandi che
adesso hanno dieci anni che prima erano piccoli, cioè noi ci nascondevamo
dentro la casa, lei probabilmente ha capito che io non uscivo perché la
vedevo lì ...lei allora metteva la macchina in modo per...” (ver.
ud.
8.2.01 pag. 6 righe 15-21), pur potendo in ipotesi raffigurare una
limitazione alla sua libertà morale non può essere ricondotto, sotto
nessun profilo, al reato di minaccia oggi in contestazione poiché
l'affermazione fa riferimento a fatti precedenti. 2.
Il reato di ingiuria. Tale
reato è da ritenersi provato sulle affermazione della T. (verb. ud.
8.2.01 pagg. 5-6). D'altra
parte, dalle dichiarazioni della teste F. (verb. ud. 8.2.01 pagg.
19-20) si evince che anche la C. è stata oggetto di condotte
criminose da parte della T. la quale, infatti, era imputata, tra
l'altro, dei reati di cui agli artt. 594 e 595 cod. pen. Poiché
la legge dispone che il giudice possa assolvere per i reati di ingiuria
uno o entrambi gli agenti che si siano macchiati di colpe reciproche, in
applicazione di detto principio, chi giudica ritiene che le parti abbiano
già posto in essere modalità di punizione compensative e che, pertanto,
la pretesa punita dello Stato nulla abbia più a dire. Vero
è che la T. ha chiuso la propria posizione processuale con sentenza
di patteggiamento e che pertanto il giudizio non ha conosciuto la reale
portata della sua condotta, ma poiché l'art. 599 cod.pen. ultimo comma
ammette l'assoluzione in caso di condotte reciproche anche quando
l'offensore non abbia proposto querela per le offese ricevute se ne deve
dedurre per interpretazione estensiva, l'applicabilità anche quando il
giudice non conosca entrambe le condotte perché una definita con
patteggiamento. Per
la specificità e la particolarità del principio che fonda l'assoluzione
dal reato di ingiuria e stante la costituzione di parte civile della T. nell'odierno processo è opportuno affermare in modo esplicito
che di fronte ad un'imputata che ha agito in danno all'altra e viceversa
(come risulta dal capo di imputazione del processo principale dal quale si
sono poi diramate le singole posizioni risolte una con patteggiamento, e
una in data odierna) ragioni di giustizia comunque imporrebbero la
compensazione delle spese, e sullo stesso fondamento si nega ingresso alle
pretese risarcitorie che non hanno ragioni di giustizia stante sempre la
reciprocità delle offese e la declaratoria di assoluzione sia pure nel
senso di cui in motivazione. PQMIl
Got, visti gli art. 530 e ss cpp e 599 primo comma cp assolve
C. Marilena dal reato di cui all'art. 612 cp perché il fatto non
costituisce reato; assolve la stessa dal reato di cui all'art 594 in
applicazione del disposto dell'art 599 primo comma cp. Compensa
le spese di costituzione di parte civile stante la reciprocità delle
condotte portate avanti al giudice penale. Erba,
7.6.01 Il
Got dott.
M. Raffaella Pontiggia |