TRIBUNALE Dl MONZA UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI In nome del POPOLO ITALIANO II Giudice per le indagini preliminari dott. Franca ANELLI all'udienza camerale del 23.09.99 ha pronunziato e pubblicato la seguente SENTENZA a seguito di APPLICAZIONE della PENA su RICHIESTA delle PARTI -art.444 c.p.p.-
contro: D.G.M. nato a M. il ... res. in B. via S. el.dom. c/o i Difensori di fiducia avv.ti Fabio FALCETTA e Michele PICERNO in Milano via De Amicis n. 61 - libero e presente IMPUTATO del reato p. e p. dagli artt. 584, 62 n.2 c.p. perché, con atti diretti a procurare a V.F. lesioni personali o comunque a percuoterlo, e segnatamente colpendo la citata p.o. con una forte spinta determinandone la caduta al suolo, cagionava la morte del V., evento intervenuto a distanza di pochi giorni dai fatti e precisamente in data 28. 06. 1 998. Con l'attenuante d'aver agito in stato d'ira determinato dal fatto ingiusto della p.o. che, immediatamente prima di essere spinto, aveva a sua volta colpito l'imputato con un calcio. In Sesto San Giovanni il 20.06.1998
-MOTIVI della DECISIONE- L'imputato ha fatto richiesta, subordinandola ai sensi del 3 co. alla sospensione condizionale della pena, di applicazione di una sanzione cosi determinata: - p.b. = anni dieci di reclusione; II P.M. prestava il proprio consenso. Ritiene il Giudicante che sussistano le condizioni per ritenere ammissibile la richiesta in quanto la qualificazione giuridica del fatto e lapplicazione e la comparazione delle circostanze sono correttamente determinate come pure correttamente determinata e congrua deve ritenersi la quantificazione della pena, avuto riguardo allentità del fatto, con specifico riguardo alle sue modalità (che subito si illustreranno) e alle condizioni soggettive del reo. Era in particolare accaduto che in data 20.06.1998, a seguito di un banale diverbio verbale tra limputato e la vittima (per un sacco di rifiuti mal posizionato) i due erano passati alle mani: V.F. aveva dato un calcio al D. il quale lo aveva a sua volta spintonato. La vittima - malamente cadendo - aveva battuto il capo contro una saracinesca, riportando quelle gravi lesioni che ne determinavano di lì a pochi giorni il decesso. Siffatte modalità, unitamente all'esigenza di giustizia sostanziale d'adeguare la pena alla gravita della condotta (piu che dell'evento ovviamente gravissimo e non rimediabile), non trascurando latteggiamento psichico (e dunque lintensità del dolo o il grado della colpa) né la capacita a delinquere dell'autore ("inesistente" nel caso di specie dove laccusato, provato e turbato dalle gravita delle conseguenze letali, di certo non volute ha continuato a difendersi parlando di una "disgrazia") impongono laccoglimento dell'istanza delle Parti, riconoscendo tutte le circostanze attenuanti suindicate, ivi compresa quella già contenuta nel capo d'accusa (pur discutibile sul piano tecnico, perché è pacifico che le Parti stessero litigando e dunque non sempre può qualificarsi "provocazione" ciò che ben può essere reazione ad una precedente condotta ingiusta, ma provata nei fatti - quanto cioè alla percossa in sé - dal certificato medico prodotto a nome dell'imputato). Lo stato di incensuratezza, il comportamento tenuto dopo il fatto, lo sforzo economico compiuto per risarcire i fratelli della vittima (sforzo notevole tenendo conto delle limitate capacita dell'agente), lassoluta occasionalità della condotta che qui si giudica come illecita ben giustificano la quantificazione della pena cosi come prospettata e il riconoscimento dei benefici di legge: quello di cui all'art.163 c.p. per il giudizio prognostico favorevole (ex art.164 c.p.), che senz'altro si può formulare e quello della "non menzione" ex art.175 c.p. concesso, peraltro, ex lege. Non sussistendo invece condizioni e presupposti evidenziabili allo stato degli atti per la pronunzia della sentenza di proscioglimento ex art.129 c.p.p. cosi come in principalità richiesto ed argomentato, 1a relativa istanza deve essere respinta. Sul punto va infatti osservato come le argomentazioni tecniche proposte - pur corrette sul piano teorico - non possano qui trovare spazio giacche fondate su una ricostruzione degli eventi non rispondente a verità. Per escludere infatti, la penale responsabilità - a fronte di un nesso di causalità tra la condotta e levento assolutamente certo ed incontestabile (cfr. esame autoptico, in atti) - occorrerebbe poter affermare, come si è appunto fatto in memoria difensiva, che non solo inopinatamente il V. sferro un violento calcio al D. mentre costui "... si piegava per compiere loperazione..." di riporre il sacco di rifiuti nel luogo a ciò deputato, ma che la "spinta reattiva" dell'imputato era priva del dolo delle percosse e delle lesioni: come se fosse cioè il gesto di chi allontana da sé per legittima difesa laggressore. "... L'aggredito, istintivamente ed istantaneamente, pose una mano sul volto dell'aggressore, onde cercare di allontanarlo. V. restò immobile per alcuni secondi, per poi perdere lequilibrio e cadere a ferra...". Sennonché tale interpretazione, costretta ad enfatizzare i toni solo "unilateralmente", si fonda essenzialmente (anzi: esclusivamente) su una deposizione - quella di tale I.F. - palesemente inattendibile e "partigiana". Inattendibile e partigiana non a caso ma per una ragione ben precisa: la I. è da identificarsi, infatti, proprio nella "terza litigante" (cioè la "donna bionda" di nome F. che insieme all'imputato litigava con il V.), di cui fanno menzione due testimoni disinteressati ed estranei ai fatti, ben piu credibili: D.P. e C.M.. Si confrontino specularmente le deposizioni di questi ultimi e quella della I., palesemente interessata a chiamarsi fuori e al contempo a difendere la posizione del D., e si noterà agevolmente come non possa farsi applicazione dei principi teorici difensivamente enunciati, al caso in esame. p.q.m. Visti gli artt.444 e ss.c.p.p. APPLICA a D.G.M. in ordine al reato ascrittogli, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell'attenuante di cui all'art.62 n.6 c.p., la pena di anni due di reclusione, su concorde richiesta delle Parti. PENA SOSPESA. Cosi deciso in MONZA, Camera di Consiglio, li 23/09/99 il giudice |