REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO

- SEZIONE XIII LOCAZIONI -

 Il Tribunale Civile di Milano, sezione XIII - Locazioni, nella persona della dott.sa Maria Teresa Zugaro, nella causa iscritta al ruolo generale 69920/02 promossa

DA

E.D., C.F. ..., residente in ..., via ...,elettivamente domiciliata in Milano, via De Amicis, n. 61 presso e nello studio dell'avv. Michele Picerno da cui è rappresentata e difesa;

­- RICORRENTE ­

CONTRO

C. S.A.S., C.F. ..., in persona del socio accomandatario sig.ra R.B., elettivamente domiciliata in ..., via ... presso e nello studio degli avv.ti A.M. e G.F. dai quali è rappresentata e difesa;

- RESISTENTE ­

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

CONCLUSIONI DELLE PARTI

PER IL RICORRENTE:

l) Dichiararsi risolto per grave inadempimento della parte conduttrice il rapporto locativo avente ad oggetto l'unità immobiliare sita in ..., via ...;

2) Condannarsi, conseguentemente, l'intimata C. s.a.s.., in persona del legale rappresentante pro tempore all'immediato rilascio della suddetta unità immobiliare e/o, comunque, entro e non oltre il termine di scadenza naturale del contratto, previsto per il 31.03.2003;

3) dichiararsi il convenuto tenuto, nella denegata ipotesi di ulteriore proroga di tempo concessa dal magistrato per il rilascio dell'immobile oltre la data del 31.03.2003, e sino alla effettiva consegna dell'immobile, a corrispondere alla proprietà ex art. 1591 c.c. il canone, nonché gli oneri accessori convenzionalmente pattuiti."

PER IL RESISTENTE:

"perché voglia il Tribunale:

-         disattendere la richiesta di ordinanza di rilascio dell'immobile, in quanto pertinente al concluso procedimento speciale di convalida di sfratto ed estranea ed inammissibile nella fase di merito che ne occupa;

-         preliminarmente, accertata la carenza di legittimazione processuale, dichiarare improponibili e/o inammissibili le domande di merito spiegate da parte D.;

-         in subordine, nel merito, accertato e ritenuto che la deducente, in forza di contratto di locazione dell'1.1.91, non disdettato, è a far tempo da tale data conduttrice dei locali siti in ... alla via ... ad uso di ristorante, e ritenuto altresì inesistente un inadempimento di gravità tale da giustificare ex art. 1455 c.c. la risoluzione del rapporto di lavoro, rigettare le infondate domande di parte D.;

-         condannare E.D. alla refusione delle spese di lite ed al risarcimento dei danni, ex art. 96 C.p.c., da liquidarsi equitativamente."

S VOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di intimazione di sfratto per morosità notificato l'11 novembre 2002 la sig.ra D. conveniva in giudizio la C. s.a.s.. affinché fossero pronunciati i provvedimenti di cui agli artt. 663 e 665 c.p.c. e, in mancanza, perché fosse accertato il grave inadempimento di parte convenuta e dichiarata la risoluzione del contratto locativo intervenuto tra le parti con conseguente condanna al rilascio dell'immobile. Si opponeva la C. s.a.s.. allegando l'avvenuto pagamento dell'importo di € 5452,92 e l'insussistenza del grave inadempimento ai sensi dell'art. 1455 c.c. All'udienza di convalida dell'11 dicembre 2002 il Giudice, rilevato che la morosità non persisteva, avendola il conduttore sanata in data 15 novembre 2002, disponeva la conversione del rito ex artt. 667 e 426 c.p.c. affinché il giudizio proseguisse sulla domanda di accertamento del grave inadempimento formulata da parte ricorrente e concedeva termine alle parti per integrare gli atti introduttivi. Precisava, con tale integrazione, il ricorrente che la sig.ra D. si era determinata a chiedere la risoluzione del contratto di locazione dopo ripetute inadempienze reiterate nel tempo azionate mediante diversi procedimenti di sfratto per morosità conclusasi, ogni volta, con il pagamento banco iudicis degli importi dovuti. Stante la frequenza e la abitualità con la quale tali comportamenti si sarebbero verificati, proseguiva la sig.ra D., l'inadempimento della C. s.a.s.. non sarebbe da considerarsi, tenuto conto, altresì, del principio di buona fede esecutiva, di scarsa importanza con conseguente legittima richiesta di risoluzione ex art. 1455 c.c. Rilevava, inoltre, l'esistenza di una clausola risolutiva espressa. Osservava, infine, come in data 4 aprile 2001 lo Studio B., in nome e per conto della ricorrente avesse inviato alla C. s.a.s.. formale disdetta del contratto locativo per la scadenza naturale del 3l marzo 2003 e chiedeva, pertanto, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda di risoluzione, il rilascio dell'immobile alla suddetta scadenza. Resisteva la C. s.a.s.. rilevando, preliminarmente, la carenza di rappresentanza processuale (?) in capo alla sig.ra D. in quanto la procura rilasciata per la fase di convalida dell'intimato sfratto non sarebbe stata in grado di fondare i poteri del procuratore anche nel procedimento corrente. Proseguiva precisando che il mancato rispetto delle scadenze contrattuali trovava giustificazione in una consolidata prassi esistente con il precedente proprietario, sig. A.D., secondo la quale i canoni trimestrali, anziché in via anticipata, venivano pagati nel corso del trimestre di pertinenza, in ragione del variabile flusso di cassa dell'esercizio. Prassi, quest'ultima, sin da subito ostacolata dalla nuova proprietaria che sistematicamente è ricorsa al procedimento di intimazione di sfratto ad ogni minimo ed occasionale ritardo nel versamento dei canoni locativi, al fine, secondo parte resistente, di indurre il recesso dal rapporto. Rilevava, comunque, la scarsa importanza del ritardo nell'adempimento - anche se considerato unitamente a quelli precedenti - e, comunque, l'inoperatività della clausola risolutiva espressa per contrarietà al disposto di cui all'art. 79 della legge 392 del 1978. Infine, sulla disdetta contrattuale, osservava l'inefficacia della stessa in quanto sottoscritta da soggetto diverso - D.B. - dal proprietario - E.D. – e comunque perché mai pervenuta alla società resistente. Concludeva, pertanto, per il rigetto delle domande ex adverso formulate.

All'udienza del 16 maggio 2003 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, invitava i procuratori delle parti alla discussione all'esito della quale decideva la causa dando lettura del dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente trattata l'eccezione di difetto di rappresentanza processuale sollevata da parte resistente. In merito, va rilevato come, in modo impreciso, parte resistente richiami il concetto di rappresentanza processuale che, come è chiaramente desumibile dal combinato disposto degli artt. 75 e 77 c.p.c., si riferisce alla posizione soggettiva di colui che fa valere in giudizio, in nome e per conto altrui, diritti di soggetti che non possono - perché non hanno il libero esercizio del diritto azionato - o non vogliono - perché preferiscono delegare altri - stare in giudizio. L'eccezione sollevata da parte resistente attiene, più precisamente, al conferimento della rappresentanza tecnica al procuratore alle liti. C. s.a.s.. contesta, infatti, la validità della procura ad litem, conferita per il procedimento sommario di cui agli artt. 657 ss. c.p.c., al diverso procedimento instauratosi in seguito alla conversione del rito ex artt. 667 e 426 c.p.c.

L'eccezione non merita accoglimento. L'orientamento prevalente della Suprema Corte ritiene che la procura conferita con generico riferimento alla 'presente procedura' o al 'presente giudizio' estenda i poteri attribuiti al procuratore ad ogni fase e grado del procedimento. In vero, la conversione del rito disposta ai sensi degli artt. 667 e 426 c.p c. non determina l'instaurazione di un procedimento nuovo rispetto a quello di convalida di sfratto ma semplicemente determina il passaggio del medesimo procedimento da una fase a cognizione sommaria ad altra a cognizione piena, sicché la procura ad litem conferita con l'atto di intimazione deve ritenersi valida anche per la successiva fase a cognizione piena.

Venendo al merito della controversia, deve essere, innanzi tutto, osservata l'inoperatività della clausola risolutiva contenuta nel contratto di locazione. Con riferimento ai contratti di locazione di immobili urbani ad uso abitativo soggetti alla disciplina di cui alla legge 27 luglio 1978 n. 392 la giurisprudenza di legittimità ha osservato come l'operatività della clausola risolutiva espressa, allorché il locatore agisca mediante il procedimento di convalida di cui agli artt. 657 ss. c.p.c., rimanga quiescente sino al termine ultimo utile per la sanatoria della morosità da parte del conduttore - ossia, sino all'udienza di convalida o alla scadenza del termine di grazia eventualmente concesso dal Giudice - e venga definitivamente meno qualora la sanatoria sopraggiunga. Ciò al fine di non precludere al conduttore moroso, con un effetto risolutivo automatico collegato al mancato. pagamento del canone alla scadenza, la possibilità di fruire della sanatoria, e di impedire proprio la risoluzione, nei tempi e con le modalità previste dall'art. 55 della legge n. 392 del 1978. E' vero che le Sezioni Unite con sentenza 272 del 1999 hanno escluso l'applicabilità della normativa sulla sanatoria giudiziale alle locazioni di immobili ad uso non abitativo, ma ciò non esclude che analoghe considerazioni debbano essere formulate con riferimento all'art. 663 ultimo comma c.p.c. Tale ultima disposizione, infatti, impedisce la convalida dello sfratto in assenza della dichiarazione da parte del locatore sulla persistenza della morosità, sicché la clausola risolutiva espressa deve ritenersi, comunque, inoperante se l'intimato provvede a sanare la morosità anteriormente all'udienza di convalida. Orbene si osservi come, nel caso di specie, la morosità - da intendersi, qui, limitata al capitale dovuto a titolo di canoni ed oneri accessori - sia stata sanata quattro giorni dopo - 15 novembre 2002 - la notifica dell'intimazione - 11 novembre 2002 - e come all'udienza di convalida parte ricorrente abbia dato atto di detta sanatoria. La risoluzione del contratto locativo stipulato tra le parti non può, pertanto, essere pronunciata sulla base della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di locazione.

Ma a tale conclusione deve pervenirsi anche ad una libera valutazione della non scarsa importanza del ritardato adempimento. Non sembra, infatti, a questo Tribunale che il ritardo di quarantacinque giorni nell' adempimento di un solo canone locativo sia idoneo ad incidere in maniera rilevante sul rapporto sinallagmatico del contratto in essere tra le parti pregiudicando in modo intollerabile le legittime aspettative del locatore. Ciò anche se considerato unitamente ai precedenti ritardi lamentati da parte ricorrente ed ammessi dalla società convenuta. Dagli atti processuali e dalle dichiarazioni delle parti risulta come tali episodi, tutti di modesto rilievo, si fossero verificati con una certa frequenza nel passato ma anche come fossero stati a lungo tollerati tanto da ingenerare un serio affidamento nel conduttore circa la loro irrilevanza per il locatore. Affidamento tale da indurre addirittura il conduttore ad affermare che tali ritardi fossero oggetto di una prassi negoziale sorta con il precedente proprietario, il sig. A.D., in ragione delle esigenze della società convenuta di parametrare l'adempimento delle obbligazioni contrattuali ai flussi di cassa dell'esercizio. Resta, comunque, il fatto che tale tolleranza permase anche successivamente alla morte dell' originario locatore e che soltanto di recente - con il primo atto di intimazione di sfratto per morosità nel corso dell'anno 2000 - l'erede legittima del sig. D., attuale ricorrente, come dalla stessa affermato, si decise ad imporre al conduttore il rispetto dei termini contrattuali mutando la prassi in essere da circa nove anni. Sicché, semmai, soltanto con riferimento agli ultimi ritardi azionati con atto di intimazione di sfratto per morosità potrebbe essere valutata la non scarsa importanza del ritardato adempimento oggetto del presente giudizio. Trattasi, tuttavia, di episodi che, anche se assommati tra loro, avuto riguardo all'economia del contratto ed all'interesse del creditore, tenuto conto che la prestazione del debitore è stata, comunque, eseguita e che, quindi, è stata salvaguardata la natura e la finalità del rapporto e, infine, che scarso è stato il danno prodotto dalla mancata puntualità della società conduttrice, non possono certo aver avuto un potere squilibrante il rapporto oltre i limiti di tollerabilità. In conseguenza di ciò, come già anticipato, il ritardato adempimento non appare aver assunto caratteri di gravità tali da giustificare una pronuncia di risoluzione del rapporto. La relativa domanda avanzata da parte ricorrente va, pertanto, rigettata.

Da ultimo, parte ricorrente svolge domanda di accertamento della avvenuta disdetta contrattuale per la naturale scadenza del 31 marzo 2003, producendo a tal fine missiva inviata alla C. s.a.s.. in data 4 aprile 2001. La domanda va dichiarata inammissibile per essere stata proposta soltanto in sede di integrazione degli atti a seguito della conversione del giudizio disposta all'udienza dell’11 dicembre 2002.

Quanto alle spese di lite, sussistono i giusti motivi per la integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

  • rigetta le domande attoree;

  • dichiara inammissibile perché nuova la domanda di risoluzione per finita locazione;

  • dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

Milano 16 maggio 2003.

Il Giudice

La presente sentenza è stata resa pubblica mediante

Deposito in cancelleria oggi 26 maggio 2003