Tribunale Ordinario di Milano

Sezione Lavoro

Udienza del 18.10.02                                                                                              N. 7248/00

Repubblica Italiana

In nome del Popolo Italiano

Il Giudice di Milano

Dr Riccardo Atanasio quale giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

Sentenza

nella causa promossa

da

C.R.            con l'Avv.to Picerno

RICORRENTE

contro

B.I. srl con l'Avv.to I.

RESISTENTE

e contro

S.A. di R.A.B. con l'Avv.to I.

RESISTENTE

OGGETTO: accertamento lavoro subordinato e pagamento somme

All'udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 24.10.00 R.C. conveniva in giudizio B.R.A: titolare dello S.A. nonché la B.I. deducendo di avere prestato attività lavorativa di natura subordinata ­ ma che un contratto, iniziale qualificava come incarico di procacciatore di affari - per conto dello S.A. dal 20.11.95 al 31.5.96 e, successivamente, per conto della B.I. srl dal 1.9.98 al 31.7.99 e quindi, dopo un periodo durante il quale aveva lavorato altrove, ancora dal 1.1.00 al 7.6.00.

Rilevava di aver svolto mansioni di segreteria, rispondendo al telefono, ricevendo i clienti, mostrando a questi gli immobili, occupandosi della contabilità, con orario di lavoro fisso (indicato in ricorso) dal lunedì al venerdì nonché nelle ore antimeridiane del sabato, senza regolarizzazione contributiva.

            Concludeva pertanto chiedendo al Giudice di dichiarare la natura subordinata del rapporto di lavoro nei periodi indicati, condannando la società al pagamento delle somme e per i titoli indicati in ricorso; con vittoria di spese.

Si costituiva la convenuta contestando le avverse deduzioni e domande delle quali chiedeva il rigetto con vittoria di spese.

Dopo l'esame dei testi, all'udienza di discussione il giudice, sulle conclusioni dei procuratori delle parti, rassegnate come in atti, decideva come da separato dispositivo di cui dava lettura.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda non è fondata.

La ricorrente non ha offerta prova sufficiente a dimostrazione dei fatti dedotti in ricorso; anzi l'esame dei testi ha condotto a conclusioni diverse, vale a dire che le parti avessero dato vita proprio ad un rapporto di collaborazione autonoma peraltro coerente con la qualificazione del rapporto effettivamente voluta (procacciatore di affari) al momento dell'instaurazione del rapporto in oggetto.

La teste P. - collaboratrice dall'aprile 98 al febbraio 2000 prima in via ... poi, dal 99 in via ... - ha dichiarato:

"Io la C. la sentivo tutti i giorni. Lei svolgeva più o meno le stesse mansioni. Apriva l'ufficio, aveva contatti con i clienti e faceva in parte anche contabilità. La necessità di sentirci derivava dal fatto che trovandoci entrambe le agenzie in centro spesso gestivamo insieme il cliente che cercava casa in quella zona. In caso di pagamenti di bollette e di clienti si mandava tutto dalla C. perché la contabilità si faceva lì. La ricorrente finiva sempre alle 19,30. lo non lavoravo al sabato. La C. lavorava al sabato ma certo non avevo occasione d'i controllarlo. II sabato l'agenzia di ... rimaneva aperta in quanto era proprio sulla strada e quindi riceveva anche una affluenza di clienti maggiore che non negli altri giorni; invece quella di ... era molto decentrata ed era strutturata come un ufficio... Era B. a stabilire gli orari di lavoro".

E la teste L. - dipendente della B. dal luglio 97 a dicembre 98

nell'Ufficio di ... - ha ricordato:

            "La ricorrente faceva più o meno il mio stesso lavoro; faceva sia attività di segreteria personale del B. sia attività d'ufficio. Rispondeva al telefono, faceva la gestione telefonica della clientela, fissava gli appuntamenti, gestiva la pratica di vendita dell'appartamento. Della fatturazione si occupava il commercialista al quale passavamo i dati. Facevamo una riunione alla settimana tutti insieme per stabilire il programma di lavoro. Poi ci sentivamo telefonicamente perché ci scambiavamo i clienti che chiedevano appartamenti in zone di competenza delle altre colleghe... ...Io lavoravo dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 14,30 alle 20.00 e il sabato stesso orario; però cessavo alle 16,00. La C. faceva lo stesso orario; tutti gli uffici facevano quell'orario. Anche la C. lavorava al sabato".

Tuttavia la deposizione della teste L. è scarsamente attendibile: il suo rapporto di lavoro con la ricorrente è stato solo telefonico e limitato ad un periodo di circa tre mesi (dal 1.9.98, giorno di arrivo della ricorrente al dicembre 98 quando la stessa L. è andata via); inoltre va sottolineata la circostanza che già anche la L. avesse intentato un giudizio a carico del B..

Hanno invece maggiore attendibilità gli altri testi escussi che con la ricorrente hanno lavorato presso la stessa agenzia.

Il Teste M. -- collaboratore dello Studio A. prima e della B. poi dal 90 alla fine 2000 - ha ricordato:

La C. era prima in ...; poi è andata in ... e dopo la vendita anche di quest'ultima la C. è venuta in ... che era l'unica agenzia del B.. Credo che sia arrivata nel 2000; io ritengo di avere avuto rapporti con lei per circa sei o sette mesi. Io sono andato in ... tra il 97 ed il 98 e sono rimasto circa due anni da solo insieme al B.. Quando hanno cedute le altre agenzie allora sono arrivati la C. e F.; sono arrivati sostanzialmente insieme. L 'ufficio aveva un orario di negozio; quindi doveva essere aperto dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 14,30 alle 19,00. Poi però mi capitava di rimanere anche più tardi per una trattativa. La C. era solitamente presente anche perché preferiva rimanere in ufficio a svolgere la propria attività; però c'era una certa libertà in quanto capitava di assentarsi liberamente… …B. quando aveva più uffici, in ... veniva poco e si recava presso gli altri uffici; di solito c'erano riunioni periodiche ogni 15 giorni o un mese in cui ci si scambiava delle notizie".

Il teste F. - collaboratore della B. Immobiliare dal 94 al 2000 -  ha invece affermato:

"La C. faceva quello che facevamo un po' tutti: prendeva le chiamate dei clienti, fissava appuntamenti; si recava a tali appuntamenti per fare visionare gli immobili alla clientela. La C. pertanto stava sia in ufficio che fuori. Non avevamo un orario vero e proprio. Diciamo che tra le 9,00 e le 9,30 bisognava aprire; poi si chiudeva tra le 19,00 e le 20,00. La pausa io la facevo altre volte no; invece la C. la faceva sempre. Non eravamo presenti dalla             mattina alla sera ininterrottamente. La C. alle 18,00 al massimo andava via. Però facevamo in modo di lasciare sempre qualcuno e quindi ci mettevamo d'accordo noi ed il B.. E' certo capitato di lasciare gli uffici momentaneamente chiusi. In caso di assenza avvisavamo il B.. Non portavamo un certificato medico. Non venivamo sostituiti. Noi andavamo tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Il sabato di solito era aperto; ma capitava che rimanesse chiuso. Si andava solo sulla base delle proprie esigenze di lavoro; se era rimasto qualche lavoro in sospeso si andava... ... Anche la C. veniva pagata a provvigioni oltre il rimborso spese".

Ebbene dalle dichiarazioni testimoniali rese da questi ultimi due testi ­peraltro più attendibili di quelli precedenti in quanto avevano operato collaborando direttamente con la C. e pertanto meglio degli altri possono descrivere il rapporto di lavoro instaurato tra B. e ricorrente - inducono alla conclusione che tra le parti fosse stato instaurato un rapporto di collaborazione autonoma.

Questi hanno innanzi tutto evidenziato che l'attività della C. e quella svolta da essi stessi era caratterizzata da una certa autonomia dei tempi di lavoro: nel senso che, pur lavorando continuativamente tutti i giorni, quella era un'attività sostanzialmente libera come comprovato anche dalla circostanza che non era richiesta una presenza fissa e dal fatto che la stessa ricorrente aveva svolto la sua collaborazione con le due convenute alternandola con periodi svolti lavorando altrove; non dovevano essere certificate le malattie; la ricorrente, ma anche gli altri suoi colleghi, venivano poi compensati in parte con una somma fissa ed in parte a  provvigioni (cfr dichiarazioni in tal senso rese dai testi L. e M.).

D’altro canto si deve osservare che comprovano la variabilità del compenso proprio le fatture prodotte dalla stessa ricorrente.

Sicché, in assenza di una prova convincente che attesti la natura subordinata del rapporto, deve essere adeguatamente valorizzata la volontà iniziale delle parti quale è stata consacrata nell’atto costitutivo del rapporto, che lo qualificano quale rapporto di procacciatore di affari.

Le domande devono pertanto essere rigettate.

In quanto soccombente, la ricorrente va condannata a rimborsare ai convenuti le spese di lite che si determinano in complessivi € 2.000,00 (25,00 per spese, 675,00 per diritti, 1.300,00 per onorari).

PQM

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai convenuti le spese di lite che liquida in € 2.000,00.

Milano, 18.10.02

Il Giudice

Dr. R. Atanasio